Il sapere human-tech di chi ricerca il talento prezioso
di Miguel Angel Rondon
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Qualsiasi organizzazione proiettata al futuro gioca la partita più complessa nel people management, in particolare nel modo in cui gestisce la relazione e la conoscenza del proprio capitale umano, la vera base per uno sviluppo sostenibile, e nel modo in cui usufruisce delle innovazioni tecnologiche.
Chiunque si occupi di HR, a tutti i livelli, vede oggi il proprio ruolo e la propria funzione fortemente influenzati dallo sviluppo delle tecnologie, prima fra tutte l’intelligenza artificiale. Il campo di applicazione dell’AI all’interno delle organizzazioni evolve a una tale velocità da rendere inevitabile una domanda: quale sarà il futuro dell’HR? A quale nuovo sapere avremo accesso?
Sono temi su cui rifletto spesso in Altea People, confrontandomi anche con le altre company del gruppo Altea Federation per ottenere una visione più ampia dello spettro tecnologico di cui disponiamo.
HR Transformation: focus on connubio human-tech, capacità di predizione e capacità di giudizio
L’AI ci sta dando, a poco costo, la capacità di predizione, l’abilità di elaborare scenari futuri sulla base delle informazioni che ho nel presente.
È proprio questo il punto: sfruttare con maggiore consapevolezza le informazioni a disposizione. Ma le informazioni oggi presenti in rete sulle diverse piattaforme di job opportunities e su social network come LinkedIn rappresentano una mole potenzialmente infinita. E per chi si occupa di ricerca e selezione trovarsi di fronte una distesa sconfinata da setacciare alla ricerca di quella pietra preziosa, il talento appunto, rappresenta una sfida non da poco. Qui entra in gioco l’AI.
Con l’automazione dei processi di analisi di grandi quantità di dati un recruiter ha al suo servizio una tecnologia eccezionale che gli permette di snellire in maniera significativa la fase di ricerca e selezione, così da avere più tempo e concentrarsi su attività per cui il fattore human è decisivo: il giudizio.
Non si tratta solo di analisi dei dati, però; l’AI sfrutta la capacità di predizione, cioè la capacità di estrarre informazioni di valore.
In che modo? Con l’incremento progressivo della potenza computazionale dei computer, con la possibilità di archiviare e analizzare enormi quantità di dati, con la maggiore velocità delle tecnologie di facial recognition e di traduzione linguistica, gli algoritmi di machine learning sono sempre più sofisticati: migliorano e imparano, creando correlazioni tra i dati, traendo risposte dalle proprie passate interazioni con contesti, informazioni e soggetti diversi, esseri umani inclusi.
Nell’HR tutto questo come si traduce? Oggi si parla di digital selection, digital & video interview, gamification, personalizzazione della candidate experience e dei percorsi di wellbeing delle proprie risorse.
Siamo di fronte a un cambiamento sostanziale del mestiere di chi si occupa di risorse umane, come condiviso da Gianfranco Chimirri, Direttore Risorse Umane e Comunicazione Unilever Italia:
“Il recruiter di fatto non fa più colloqui di selezione, ma fa un mestiere completamente diverso: analizza i dati, quindi è un po’ business analyst, disegna le politiche di employer branding, tramite l’analisi di quel sentiment dei candidati sui social network e attraverso questo disegna in maniera predittiva quelle che sono le campagne di employer branding del futuro anche qui personalizzate e dirette al tipo di talenti che noi vogliamo attrarre. Allo stesso tempo, ha un approccio da head hunter, perché fa proactive sourcing, andando a scovare così i profili che possono essere interessanti nel futuro per l’azienda”.
Anche Donatella Isaia, Direttore Risorse Umane e Organizzazione di Vodafone Italia, mi ha dato modo di riflettere su come l’innovazione tecnologica può fare la differenza nella gestione quotidiana dell’HR.
“Ci siamo accorti che stavamo utilizzando le tecnologie per trasformare le attività quotidiane in attività digitali, ma questo non portava necessariamente a una semplificazione. E così abbiamo deciso di sperimentare un’app unica per i nostri dipendenti, I’m Vodafone, in cui mettiamo tutti quelli che sono i servizi che offriamo, in maniera integrata, quindi non solo la funzione HR, ma pensando complessivamente a quali sono le esigenze del dipendente. E lì dentro ci sono appunto i nostri servizi di formazione, i nostri percorsi di talento, la nota spese, le informazioni sul menù del giorno in mensa, se quando arrivi ci sono parcheggi liberi e dove sono”.
Il costo della predizione diminuirà e il valore del giudizio aumenterà
Nell’esplorazione di un territorio sconfinato, quello in cui cercare e trovare il talento giusto al momento giusto, un’AI integrata nei processi di selezione, fa propria l’anatomia di un task: si orienta, risponde alle variazioni dell’ambiente, reagisce. Impara, e noi impariamo di conseguenza.
Come dice l’MIT, l’ anatomia di un task è sempre uguale. Raccolgo informazioni, attraverso due fasi concomitanti: la predizione e il giudizio. Decido che azione fare, dopodiché raggiungo un risultato e attraverso un sistema di retroazione eventualmente ripeto il ciclo.
Come evolvono ruoli e task dell’HR in relazione all’adozione di strumenti di AI?
Prima di tutto, l’AI costa sempre meno e rende il vantaggio della predizione sempre più accessibile ed efficace. Identificando pattern, permette di anticipare le tendenze sia nell’ecosistema esterno ancora da esplorare (il mercato di talenti in costante divenire), sia all’interno della propria organizzazione.
L’AI azzera qualsiasi tipo di bias, di pregiudizio, a cui un esaminatore umano può, consapevolmente o meno, essere soggetto nel suo processo di valutazione delle informazioni e del candidato stesso. Nella “mente” di un’AI non entrano in gioco fattori come etnia, genere, aspetto fisico, stile di scrittura, orientamento politico, affiliazioni universitarie o d’altra natura. Né tantomeno un’AI può subire l’influenza inconscia di uno stereotipo, qualunque esso sia.
Non bisogna sottovalutare la portata rivoluzionaria di quest’ultimo fattore. Pensate a come può cambiare su larga scala il mondo del lavoro. Un processo di selezione basato sull’AI potrà essere più inclusivo e rispettoso, permettendo così che domanda e offerta siano il più possibile in sinergia, che il talento trovi il posto che cerca e che l’organizzazione possa veder crescere e valorizzare quella pietra preziosa fino a diventare un diamante unico.
A ciò va aggiunto che l’AI può destrutturare e analizzare linguisticamente il parlato, ricavando informazioni dalle scelte lessicali, dal tono usato, dalle costruzioni sintattiche delle frasi. Può raccogliere segnali sullo stato d’animo di una risorsa, sulla corrispondenza tra il linguaggio verbale e quello non verbale per valutare in tempo reale l’onestà di un candidato, può identificare dettagli che rilevano di fronte a quale tipo psicologico ci si trova.
Allora, se l’Intelligenza Artificiale è da considerare la killer application per la ricerca, quale sarà il ruolo dell’uomo?
Il recruiter in questo nuovo mondo AI-driven diventa ancora più un esploratore. Nel capire quale strada percorrere, realizza appieno la sua possibilità/capacità di scelta. L’AI non fa altro che aiutare a diradare la nebbia sulle distese da esplorare. Spetta al recruiter affinare lo sguardo, uno sguardo human-tech, con cui identificare i segnali provenienti dall’ambiente esterno, siano essi minacce od opportunità che influenzeranno necessariamente il suo giudizio e quindi il suo modo di agire e la scelta del candidato.
Grazie all’AI, quindi, il recruiter può usufruire di lenti migliori con cui scrutare l’orizzonte, riconoscere vicoli ciechi e mettere a fuoco la strada migliore per scovare quella pietra preziosa tanto attesa.
La capacità di giudizio diventerà ancora più importante e sarà in questo che l’uomo esprimerà il suo insostituibile valore.
Questi algoritmi complessi non possiedono doti quali intuizione, empatia, creatività; l’AI non è una magica persona computerizzata, ma è veloce, riesce ad analizzare milioni di informazioni in pochi secondi e correlarle rapidamente con i modelli di riferimento.
Si può affermare con certezza che il fattore tech sarà senza dubbio la torcia per illuminare la via, il fattore human, però, sarà sempre più determinante per compiere scelte accurate.
In concreto, oltre alle pratiche già citate di digital selection, digital interview, gamification, penso in particolare a come l’AI giocherà un ruolo importante nella gestione dei talenti interni a un’organizzazione, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione e la formazione.
Nello sviluppo e nell’apprendimento dei dipendenti, non sappiamo davvero come coinvolgere le persone. Nella maggior parte dei casi la metà del tempo speso da un dipendente a imparare qualcosa risulta in realtà tempo sprecato, perché applicato in modo inappropriato.
Ma cosa succederebbe se avessimo algoritmi che monitorassero e studiassero le abilità, i comportamenti e le attività dei migliori membri nei nostri team e poi ci dicessero come essere più simili a loro?
Questi tipi di algoritmi “simili a Netflix” stanno entrando ora nel mondo delle piattaforme di apprendimento, rendendolo utile oltre che piacevole. Gli studi di ricerca mostrano che l’impiegato medio ha meno di 25 minuti a settimana per allenarsi e imparare; se rendiamo quel momento più pertinente, tutti avranno migliori performance nelle proprie attività.
Anche in questo caso il mercato è giovane, ma l’opportunità è enorme.
Altre importanti applicazioni dell’AI sono i chatbot, che possono aiutare i dipendenti ad accedere a informazioni utili su politiche e procedure da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, per rispondere alle domande dei dipendenti, senza la paura di esporsi per richieste particolari o di difficile condivisione.
Siamo ancora all’inizio, certo, ma ad oggi l’impiego dell’AI nell’HR è davvero promettente. Siamo di fronte a una nuova grande frontiera da esplorare, capire e conquistare. È presto per predire con consapevolezza la portata rivoluzionaria dell’AI, ma una cosa è sicura: sta già trasformando il modo in cui lavoriamo.
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becomingthefuture è esplorazione, in un mondo human-tech i cui confini vengono riscritti e superati giorno dopo giorno. Nel mio LinkedIn Pulse, prendendo spunto dall’Inspirational Keynote di Andrea Ruscica, vi porto alla scoperta dell’universo dell’artificialintelligence nel mondo HR